I retailer online sentono l’urgenza di offrire i prezzi più bassi e la spedizione più veloce. E sono in concorrenza con Amazon, che detiene il 38% della quota di vendite totali di ecommerce negli USA – per non parlare di un fiorente media business.
Facendo pianificazioni per il 2020, molti retailer cercano opportunità per incrementare i loro digital business e si focalizzano sull’incremento delle vendite online, allo scopo di guadagnare una fetta più grande del mercato ecommerce.
Ma c’è qualcosa di cui non tengono conto: il retail media.
Il retail media
Il retail media adotta il modello pubblicitario utilizzato dagli editori del digitale e lo applica ai siti di ecommerce.
Gli inserzionisti sono attratti dagli editori del digitale perché questi hanno grandi audience e lettori coinvolti. Oltre a queste audience coinvolte, i retailer digitali hanno qualcosa di più: i visitatori dei loro siti Web sono seriamente intenzionati a osservare e ad acquistare prodotti. È il contesto perfetto per i brand, che prima pagavano per avere i prodotti posizionati nei punti migliori del negozio e ora chiedono migliore visibilità sugli scaffali digitali dei retailer.
I retailer possiedono anche preziosi dati di first party di cui i brand hanno bisogno per attribuire le loro campagne pubblicitarie alle vendite SKU level. (I brand che vendono la maggior parte dei loro prodotti attraverso i retailer non hanno dati sui punti vendita, quindi non riescono a vedere quello che i loro clienti acquistano effettivamente.)
Quando i retailer aprono i loro siti Web alla pubblicità dei brand, essi possono offrire questi vantaggi ai loro brand partner e creare un nuovo e costante flusso di revenue per i loro business.
Secondo “Retailers: You’re the Next Media Moguls” [Retailer: siete voi i prossimi magnati del media] di Forrester (5 dicembre 2018), scritto da Sucharita Kodali, con Fiona Swerdlow, Susan Bidel, Collin Colburn, Joanna O’Connell e Heidi Anderson: “Il commerce è ancora ferocemente competitivo e gli shopper continuano a andare a caccia di prezzi più bassi, riducendo ulteriormente i margini del retailer. La pubblicità rappresenta un flusso accessorio di revenue che ha margini più elevati di molte categorie retail tradizionali, come gli alimentari o l’elettronica.”
I retailer online che desiderano sopravvivere in un mondo orientato al prezzo e alla comodità e vogliono fare concorrenza ad Amazon devono iniziare a creare i loro business di retail media. Guarda Best Buy, Expedia, Target e Walmart; questi retailer affermati sono riusciti a monetizzare i loro storefront digitali e i dati first party dei clienti.
Perché i retailer che provano retail media non sono più numerosi?
I brand sono pronti a investire in nuovi canali pubblicitari orientati al commerce, e i retailer posseggono le basi su cui creare i loro retail media business. E allora, che cos’è che frena i retailer?
Diamo un’occhiata a tre concetti sbagliati che frenano i retailer, e cerchiamo di risolverli,
Mito 1: Non ho il know how interno per creare il mio retail media business
I retailer sanno che il loro retail media business, perché riesca, deve essere scalabile e conveniente. Per gli inserzionisti dei brand deve essere inoltre facile gestire le loro campagne attraverso una piattaforma self service e agire in totale trasparenza relativamente alla performance, proprio come i brand sono abituati a fare rispetto ai loro partner pubblicitari.
Per un’azienda come Amazon, ciò ha significato riunire un nuovo team dedicato al retail media. Ma non tutti i retailer possono permettersi di creare il proprio business in azienda.
Il giusto partner tecnologico non solo saprà creare e avviare un retail media business, ma anche condurre i retailer in un ecosistema di retail media più ampio, in cui potranno riunirsi per creare una scala sufficiente a competere e attrarre altri inserzionisti di brand.
“Anche piccoli merchant, che possono non avere scala ma hanno audience attraenti e appassionate, possono creare nello spazio relazioni con venditori tecnologici e coltivare ad partnership valide per i loro clienti e marketer”, scrive Kodali nel report di Forrester. “Prendi in considerazione una partnership con aziende come Criteo Retail Media e Intent Media, che hanno offerte di soluzioni “tutto compreso” per aiutare le aziende del commerce nella formazione e nella raccolta di dati first-party, allo scopo di mostrare in modo intelligente annunci a audience differenti.”
Mito 2: Gli annunci guasteranno la shopper experience sul mio sito Web
La shopper experience deve essere sempre privilegiata. Ma quando la pubblicità sui siti di ecommerce viene fatta bene, le inserzioni sembrano parte dell’esperienza di navigazione e aiutano gli shopper a prendere decisioni di acquisto più informate.
Le inserzioni native di retail media che non interrompono la sessione di shopping e appaiono nel contesto giusto sono in pratica come risultati di ricerche sponsorizzate che corrispondono nell’aspetto e nella percezione ai risultati organizzati. Le inserzioni valide danno anche informazioni utili, come i prezzi in tempo reale e la disponibilità del prodotto.
Mentre gli shopper ottengono raccomandazioni di prodotto che li aiutano a trovare quello che vogliono acquistare, i brand generano maggiore interesse per i loro prodotti.
Come scrive Kodali nel report di Forrester, “le esigenze degli shopper, dei marketer e dei retailer puntano ora tutte nella stessa direzione, spingendo le aziende di commerce a esplorare opportunità rese possibili da revenue di annunci”.
Mito 3: Il retail media metterà a rischio i dati personali dei miei clienti
I consumatori stanno diventando più cauti sulla diffusione dei loro dati personali. Mentre, allo stesso tempo, i brand desiderano sempre più targettizzare i preziosi segmenti di audience definiti dai loro dati first party.
Ci sono modi con cui i retailer possono fornire valore a inserzionisti di brand, proteggendo comunque la privacy del consumatore. Il primo step consiste nel considerare la privacy una priorità essenziale durante la ricerca di un partner.
“Ci si aspetta che i retailer condividano i dati sulla conversione e sulle vendite con i brand, ma i retailer pensano sia prudente proteggere i dati dei loro shopper e non cadere nelle stesse discussioni sulle violazioni della privacy che Facebook o altri third party retargeter devono affrontare”, si afferma nel report di Forrester. “Con grafici ricchi di dati sugli acquisti, analisi match-back e modelli di media mix, i network di media orientati ai retailer si sono comunque mostrati preziosi per i marketer, senza l’esigenza di dati estranei.”
I retailer dovrebbero chiedere ai loro partner tecnologici potenziali due domande chiave: Mi aiutate a utilizzare nel modo migliore i dati raccolti in modo rispettoso della privacy? E inoltre, possedete gli strumenti che mi permettono di controllare esattamente chi ha accesso ai dati della mia audience? Il partner giusto può rispondere affermativamente a entrambe le domande.
Oggi i retail media sono un’opportunità
La spesa globale per la pubblicità digitale sta ancora crescendo. I brand vogliono investire in canali in cui possono generare conversioni e attribuite la loro spesa alle vendite, ed essi desiderano migliori placement su scaffali digitali già affollati.
Il report di Forrester prevede che i media network diventeranno una componente standard delle revenue dei retailer.
Non è troppo tardi per i retailer creare media business competitivi, ma se non iniziano ora, rischiano di restare indietro.
Abbiamo creato Criteo Retail Media per trovare una soluzione a ogni sfida che frena i retailer e non consente loro di aprire questo nuovo flusso di revenue, includendo tutto quanto è stato appena detto e altro ancora.
Per saperne di più sui vantaggi del retail media, scarica il report completo di Forrester.